Il pinguino solo solo

 

Per la novecentosessantatremiladuesima volta il pinguino fece il giro completo dei suo iceberg. Un po' sudato per la corsa, si specchiò in una lastra levigata di ghiaccio e soddisfatto si disse:
“Non c'è dubbio: sono la creatura più bella dell'Universo”.
Gli venne fame e si tuffò nell'acqua di un bel blu scuro appena increspata da una leggera brezza. Mangiò qualche pesciolino, poi tornò sull'iceberg. Sbadigliò e sospirò. Un'altra giornata. Uguale a tutte le altre. Tornò a sbadigliare rumorosamente e senza neppure mettersi la mano davanti alla bocca. Tanto sull'iceberg c'era solo lui e faceva quello che gli pareva.
Poteva arrampicarsi sulla punta più alta della montagna di ghiaccio e lasciarsi Scivolare fin nell'acqua. Ma non gli piaceva più come una volta. Si stese supino e cominciò a contare le nuvole. Era un altro dei suoi passatempi. Le nuvole erano anche le uniche creature a cui rivolgesse la parola.
Non che gli avessero mai risposto, naturalmente.“Che vita noiosa, fate. Sempre in giro, di qua e di là, dove vi trascina il vento. Guardate me. Sono ancora così giovane eppure sono già padrone di un iceberg: è tutto mio.
Conoscete un altro pinguino con un iceberg tutto suo?”


Le nuvole correvano, correvano. D'altra parte un pinguino su un iceberg è poco più di un puntino nero. Il pinguino chiuse gli occhi.
“Sono il più bello, il più forte, il più coraggioso pinguino del mondo... Ma perché sono così triste?”
Grossi lacrimoni gli scorrevano sul becco. Scommetto che voi riuscite a capire il perché. Ma il pinguino non lo sapeva. Prese a singhiozzare così forte che un branco di globicefali che passava da quelle parti si spaventò tantissimo.Ma ecco che un giorno, fra le nuvole, il pinguino intravvide un puntolino nero. Piano, piano s'ingrandiva. Quindi si stava avvicinando. Il pinguino aguzzò gli occhi. Era un gabbiano e volava sempre più basso.
Nessun gabbiano si era mai posato sul suo gelido iceberg e il pinguino era tutto eccitato dalla novità. Ma chiuse gli occhi per non darlo a vedere. Non voleva che il gabbiano si facesse chissà quali illusioni.
Il gabbiano si posò sul ghiaccio e poi cautamente si avvicinò al pinguino. Il pinguino sollevò la testa.
“Ah!”, disse il gabbiano, “pensavo che fossi morto! Anche ieri eri lì sdraiato”.
Sì, e anche l'altro ieri, pensò il pinguino, e il giorno avanti e quello avanti ancora...
Ma era terribilmente contento che finalmente ci fosse qualcuno!
“Buongiorno”, finì col dire.
“Io mi chiamo Fortala” , aggiunse il gabbiano. “E tu, come ti chiami?”.
Il pinguino non lo sapeva. Non aveva mai avuto bisogno di un nome sull'iceberg.
“Non ho un nome”, disse.
“Che stupidaggine!”, borbottò il gabbiano.
“Tutti hanno un nome. Date le circostanze, ti chiamerò Solosolo” .
“Trovo che sia un nome magnifico”, disse il pinguino. Ma il nome risvegliò la sua interna tristezza.
Il gabbiano si mise a fargli un sacco di domande: cosa faceva lì, perché viveva da solo, come era il pesce da quelle parti. Il pinguino rispose a tutto, ma aveva poco da dire.
Dovette ammettere che si annoiava, soprattutto.
“Ma perché non te ne vai verso la terra ferma? A neanche a mezz'ora di volo da qui. E là ci troveresti un mucchio di altri pinguini.”
Altri pinguini! Solosolo raddrizzò la testa. Doveva andare là. Mezz'ora di volo: a quanto tempo di nuoto potrebbe corrispondere? Ma che importa? Se si stancava, poteva mettersi a galleggiare. E anche se il viaggio fosse durato giorni o settimane, lui doveva andare, vi doveva arrivare.
Si fece indicare la direzione giusta e si tuffò.
Ma Fortala gli raccomandò : “Sii prudente, Solo-solo. Tu non conosci il mare: è pieno di pericoli! E poi, il viaggio potrebbe essere lungo e faticoso: dovrai avere molto coraggio!”.
“Non preoccuparti, Fortala” rispose Solo-solo “ E grazie di tutto! Non vedo l’ora di raggiungere i miei amici pinguini! Arrivederci, Fortala!”
“Arrivederci, Solo-solo!” rispose preoccupato Fortala, osservando il pinguino che si allontanava a nuoto.

Solo-solo nuotò per circa mezz’ora di seguito, senza fermarsi mai; poi, all’improvviso, vide un lembo di terra e pensò di essere finalmente arrivato nel paese dei pinguini amici. Purtroppo, però, quella era l’isola dove vivevano i pinguini tutti bianchi che, appena videro Solo-solo, lo circondarono ostili. “Ehi! Chi sei, tu, con quella pelle di colore nero?”
Solo-solo osservò il suo corpo: sapeva di essere nero con il petto bianco, ma il colore della pelle, per lui, non era mai stato un problema! E poi, i pinguini bianchi erano sì di colore diverso ma gli somigliavano così tanto!
“Sicuramente sarai un animale molto malvagio, nero come sei!” incalzarono i bianchi pinguini minacciosamente.
Solo-solo cominciò ad avere paura e implorò: “No, pinguini bianchi, vi sbagliate! Io sono il pinguino Solo-solo e desidero essere vostro amico. Vi prego, credetemi!”
Ma i pinguini bianchi, sordi alle preghiere, afferrarono il povero Solo-solo e lo scaraventarono in acqua.
Le onde stavano per inghiottirlo quando, Solosolo, riuscì a tornare a galla e nuotò, nuotò, nuotò, fino alle stremo delle sue forze…..

 “È sfinito” , disse una voce... “È arrivato da poco”, disse qualche altro. “Chissà da dove viene, poverino”, aggiunse una vocina.
“È un pinguino molto grazioso”, disse un'altra. E una tenera carezza gli sfiorò il becco.
Solosolo era troppo stanco per raddrizzarsi. Il viaggio era durato giorni e giorni. Aveva incontrato tre terribili tempeste. Aprì gli occhi e vide la più graziosa pinguina che potesse immaginare.
“È vivo”!, dissero insieme i pinguini. “Portiamogli qualcosa da mangiare”. Sotto il becco di Solosolo, in un momento, si ammucchiarono pesci e pesciolini. Mangiò di vero gusto, circondato dai suoi nuovi amici. Si sentiva invaso da una immensa felicità.
E voi volete sapere dove si trova adesso?
Abita su una spiaggia piena di pinguini di tutti i colori. E non si chiama più Solosolo, , ma ….anzi ho deciso di non rivelarvi il suo nome perché… sono sicura che voi lo indovinerete di certo!!!!!

 

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